Le pagine seguenti sono tratte da “Il Multilibro di Storia –
Vol. 1-2-3” di Gianni Gentile – Luigi Ronga – Editrice La Scuola |
L’ITALIA
NELL’ETA’ DELLA DESTRA STORICA
La Terza Guerra
d’Indipendenza
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La terza guerra
d’indipendenza portò alla liberazione del Veneto
Affondamento dell’Incrociatore Palestro nella battaglia navale di Lissa (Milano, Civica Raccolta delle Stampe Bertarelli) |
Per completare l’unità
d’Italia era necessario trovare nuovi alleati. In quegli anni il Regno di
Prussia aspirava a diventare la principale potenza del mondo
germanico. Entrò quindi in contrasto con l’Austria. Nell’aprile del 1866
Italia e Prussica stipularono un trattato che prevedeva la guerra contro
l’Austria. L’Italia avrebbe ottenuto in cambio il Veneto. Poco
dopo, nel giugno del 1866, la Prussica attaccò l’Austria, e subito l’Italia
si schierò al suo fianco: iniziava così la terza guerra d’indipendenza.
L’esercito italiano era numerosissimo, ma male armato e poco organizzato. A Custoza fu
duramente sconfitto. Il governo italiano cercò di rifarsi della brutta
figura, e volle ingaggiare una battaglia navale a Lissa, un’isola di
fronte alla Dalmazia, nel mare Adriatico. La flotta italiana, benché
superiore come mezzi, subì gravi perdite e due grandi corazzate furono
affondate. Il comandante Persano fu destituito e degradato. Nonostante le
sconfitte italiane, l’esito della guerra fu positivo, grazie alla vittoria
dei Tedeschi sugli Austriaci a Sadowa (luglio 1866). |
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Ingresso
di Vittorio Emanuele II in Venezia ormai italiana il 7
novembre 1866 (Milano,
Museo del Risorgimento) |
Solo
Garibaldi riuscì a tenere alto l’onore italiano. Dopo aver battuto gli
Austriaci a Bezzecca, prese a dirigersi verso Trento. Ma nell’agosto
del 1866 venne firmata la pace, e Garibaldi ricevette l’ordine di fermarsi. A
quest’ordine Garibaldi, per nulla d’accordo, rispose con un celebre
telegramma di una sola parola: “Obbedisco”. In base agli accordi
stabiliti in precedenza, l’Austria fu costretta a cedere il Veneto all’Italia. Trento
e Trieste restavano però all’Austria. |
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Il
papa, Pio IX, era rimasto profondamente dispiaciuto dalla diminuzione del suo
Stato. Ma c’era di più. Tutto il Risorgimento appariva ostile ed
inaccettabile agli occhi della Chiesa. Nel 1864 il Papa pubblicò il Sillabo
degli errori del tempo: si trattava di un elenco di tutte le idee che la
Chiesa considerava sbagliate. In sintesi la Chiesa condannava tutte quelle
riforme che dalla Rivoluzione francese si erano diffuse in Italia ed in
Europa: -
la libertà di pensiero, di stampa e
d’espressione; -
il principio di sovranità popolare; -
la separazione della Chiesa dallo Stato. Il
Sillabo approfondì il divario fra i liberali ed i cattolici. Tra i liberali
crebbe il numero degli anticlericali, cioè di coloro che erano
contrari al clero ed alla Chiesa. I cattolici liberali, che nei
decenni precedenti avevano contato grandi personalità come Manzoni e Gioberti,
si trovarono isolati e senza appoggi da parte della Chiesa. |
La Chiesa cattolica non riconobbe il nuovo Stato italiano |
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Particolarmente
sentita era la questione romana:
cioè il problema che riguardava l’annessione di Roma all’Italia. La città era
considerata la naturale capitale d’Italia. Ma i cattolici erano contrari ad
un attacco allo Stato pontificio. Soprattutto Napoleone III non voleva dispiacere ai
cattolici francesi, e si era impegnato fin dal 1849 a difendere la sede
papale. Il governo italiano doveva per forza adeguarsi all’imposizione del
suo principale alleato. Nel 1864 fu stipulata con la Francia la Convenzione
di settembre, un trattato in base al quale l’Italia rinunciava ad
ogni pretesa su Roma. Per dimostrare di aver accettato definitivamente questa
situazione, il governo decise anche di spostare la capitale del regno da Torino
a Firenze. La conquista di Roma era
sostenuta con particolare energia da Giuseppe Garibaldi. Questi aveva
un enorme seguito fra le masse popolari: il suo motto era: << O
Roma, o morte! >>. I volontari garibaldini tentarono più volte di
entrare in Roma. Nel 1862 furono bloccati dall’esercito italiano mentre si
organizzavano in Aspromonte. Nel 1867 l’armata francese intervenne
direttamente per respingere a Mentana un nuovo attacco. |
L’unità era ancora da portare a termine: la questione romana
venne inizialmente affrontata senza successo |
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Anche per Roma la
soluzione venne dalla mutata situazione internazionale. Nel 1870 scoppiò la
guerra franco-prussiana, e la vittoria tedesca portò al crollo dell’Impero di
Napoleone III. Ne approfittò il governo italiano, che si sentì libero di
agire. Il 20 settembre 1870 i bersaglieri italiani
entrarono in Roma e la occuparono dopo brevissimi combattimenti. Dopo circa
12 secoli, lo Stato della Chiesa non esisteva più. Pio IX si rifugiò nei
Palazzi Vaticani e dichiarò di essere prigioniero. Pochi mesi dopo, nel 1871 Roma fu proclamata capitale
d’Italia. Nel maggio dello stesso anno il Parlamento italiano votò
una legge che regolava il rapporto tra Stato e Chiesa. Questa legge, detta legge
delle guarentigie, cioè delle garanzie, stabiliva: -
l’assegnazione al Papa dei palazzi del Vaticano e del Laterano, oltre
ad alcune residenze nei dintorni di Roma. A questi edifici veniva
riconosciuta l’extraterritorialità. Formavano cioè uno Stato
indipendente, la Città del Vaticano, di cui il Papa era il capo; -
l’impegno da parte dello Stato italiano a versare ogni anno una somma
di denaro adeguata al mantenimento della Città del Vaticano; -
il riconoscimento per la Chiesa cattolica dell’assoluta libertà di
organizzazione e di propaganda all’interno dello Stato italiano. Ma il Papa rifiutò il riconoscimento dello Stato
italiano, e quindi della legge delle guarentigie. Ribadì d’essere prigioniero
in Vaticano, scomunicò il Re, il governo italiano e vietò ai cattolici di
partecipare all’attività politica nazionale. Persino di andare a votare. Da quel momento, per circa
cinquant’anni, i cattolici furono impegnati soprattutto in attività culturali
o sociali, in aiuto dei più poveri. Bisognerà attendere il 1919 prima di
veder nascere un partito cattolico. |
Dopo il crollo dell’Impero di Napoleone III, Roma divenne la
capitale d’Italia
I
bersaglieri entrano in Roma attraverso la breccia di Porta Pia il 20
settembre 1870 (Milano,
Museo del Risorgimento) |
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